Versetti

"Io benedirò l'Eterno in ogni tempo; la sua lode sarà del continuo nella mia bocca". Salmo 34:1

BIOGRAFIE

  Giovanni Diodati

teologo riformato italiano

Introduzione
La teologia riformata, altrimenti detta 'Calvinismo' che noi desideriamo continuare a portare avanti oggi come l'espressione più genuina nella fede biblica e protestante, comprende fra i suoi teologi più significativi un italiano: Giovanni Diodati (1576-1649). Molto noto perché il suo nome è legato indissolubilmente ad una classica traduzione della Bibbia in italiano, egli per altro è meno conosciuto come esponente del Calvinismo classico, e come diretto successore, con Benedetto Turrettini, a Ginevra, dello stesso Giovanni Calvino. Vorrei quest'oggi dunque celebrarne la memoria e ricuperare, anche con una certa fierezza, la rilevante influenza che l'Italia ha avuto sul Protestantesimo.
Biografie. Sono stati fatti tre tentativi di ricostruire la vita del Diodati. Il primo fu "Jean Diodati" pubblicata in olandese all'Aia e scritta da G.D.C. Schotel nel 1844. Quest'opera è la produzione non ortodossa di uno studioso eccentrico e di scarso valore per lo storico moderno. Una sua biografia apparve a Torino nel 1854: "Brevi introduzioni ai libri sacri dell'Antico e del Nuovo Testamento per Giovanni Diodati, traduttore della Bibbia preceduti dalla vita dell'Autore". La biografia che però ebbe maggiore circolazione fu la "Vie de Jean Diodati, Theologien Genevois", di E. De Budé (Losanna 1869). Questa biografia è il resoconto più soddisfacente della carriera di Diodati, sebbene sia intellettualmente insoddisfacente, contenga errori sui fatti narrati e sia più interessata con questioni biografiche e genealogiche che con i risultati accademici e teologici di Giovanni Diodati. Questa vita di Diodati è stata tradotta in italiano e pubblicata nel 1870 come "Vita di Giovanni Diodati, Teologo ginevrino".
1. Origini della famiglia Diodati
Giovanni Diodati nacque a Ginevra il 3 giugno 1576.
La sua famiglia proveniva da Lucca, dove era stata convertita al Protestantesimo durante il soggiorno di Pietro Martire Vermigli in quella città. La famiglia Diodati, una delle più antiche famiglie della repubblica, fino dal 13° secolo avevano avuto incarichi pubblici importanti, e si erano distinti tanto nella letteratura e nelle scienze.
Un fatto curioso ha per protagonista Michele Diodati, nonno del nostro Giovanni e dignitario di Lucca. Nel 1541 convengono in questa città l'imperatore Carlo V (acerrimo memico della verità evangelica) e il Re di Francia Francesco I per discutere diverse questioni politiche, fra cui anche la "rivoluzione protestante" in Germania. Il caso vuole che Anna Diodati, moglie del Consigliere Michele dovesse dare alla luce un figlio (il futuro padre del nostro Giovanni). L'imperatore, informato dell'evento, si offre per farne da padrino al battesimo e chiede che quel bambino porti il suo nome: Carlo. Il papa Paolo III, saputa anch'egli la cosa, si offre di celebrare lui il battesimo!
Le connessioni con la politica ufficiale del tempo e con il papato, non impedirà a Giovanni Diodati di interessarsi delle nuove idee protestanti portate da Pier Martire Vermigli, di averne simpatia e poi abbracciarle. Nel 1558 sospettato di eresia, era stato rimosso dalle sue cariche ufficiali, e citato a comparire a Roma davanti al Sant'Uffizio, il quale non lo rilasciò che dopo due anni di alternate vicende (1558-1560).
Il figlio, Carlo Diodati si reca poi a Lione come impiegato di commercio, dove ha stretto contatto con i pastori riformati. Quando però si accende in Francia una forte persecuzione contro i riformati decide di rifugiarsi a Ginevra nel 1567. Qui fa aperta adesione alla Chiesa Riformata, alla quale facevano parte già parecchi lucchesi. I Diodati erano profughi benestanti e si distinguono nella città insieme alle altre famiglie lucchesi di esiliati come i Turrettini e i Calandrini. Nel 1572 gli viene conferita la cittadinanza ginevrina diventandone patrizio, e nel 1573 viene eletto nel Consiglio dei 200 della città. Dal suo secondo matrimonio nasce, il 3 giugno 1576 il nostro Giovanni, poi battezzato dal pastore riformato lucchese Nicola Balbani. Carlo Diodati muore a 84 anni nel 1625.
2. Giovinezza
Di Giovanni si dice che cresce giovane serio, di grande ingegno e forte lavoratore.
Giovanni studia teologia presso l'Accademia di Ginevra sotto i successori di Calvino, uomini come Teodoro di Beza e Casabono. Studia inoltre ebraico ed aramaico all'università (o Accademia) riformata tedesca di Herborn (simile a quella di Ginevra e di Leiden), fondata nel 1584 e chiusa da Napoleone nel 1812 ["Die Matrikel der Hohen Schule und des Paedagogiums zu Herborn, herausgegeben von Gottfried Zedler und Hans Sommer (Wiesbaden 1908)" v. Johannes Deodatus Genevensis (1589/90) p. 11 no. 183-5: "Johannes Deodatus Genevensis, nunc ibid. profess. theol. clarissimus" and p. 190 no. 224-1]. Probabilmente suo insegnante era stato Johann Fischer (Piscator), rettore dell'università di Herborn dal 1584 al 1625, traduttore a sua volta della Bibbia ufficiale di Berna. Giovanni si dimostra così ben presto valente linguista.
La connessione con l'università di Herborn è importante pure per comprendere i suoi collegamenti con il mondo puritano, come Jan A. Comenius, Althusius, Piscator, Alsted, Buxdorf, Aslakssen, ecc. Tutti questi, insieme ai loro libri stampati all'università di Herborn, giocano un ruolo importante nell'America dei "padri pellegrini".
Diventa dottore in teologia all'età di 19 anni, e professore di ebraico all'Accademia di Ginevra all'età di vent'anni. Succede in questa funzione a Casabono, che aveva lasciato Ginevra per recarsi a Montpellier.
Nel 1600 sposa Maddalena Burlamacchi, e il matrimonio, benedetto dal pastore Bernardo Basso, di Cuneo, viene celebrato a Ginevra nella Chiesa riformata italiana.
Dal suo matrimonio nascono 9 figli, 5 maschi e 4 femmine.
Nel 1608 Diodati diventa rettore e conserva la sua cattedra di ebraico fino al 1618. E' professore all'Accademia di Ginevra dal 1599 al 1645, quattro anni prima della sua morte.
Diodati lascia Ginevra per un breve periodo per recarsi a Venezia, per visitarvi le chiese riformate francesi e poi sarà delegato di Ginevra presso il Sinodo di Dordrecht.
3. Italiano o ginevrino?
Nonostante il suo rapporto con Ginevra, che durerà tutta la vita, Diodati sembra essersi sempre considerato come un lucchese che vive a Ginevra. Nella sua prima versione annotata della Bibbia in italiano, pubblicata nel 1607, egli descrive sé stesso come "di nation lucchese". Questa identificazione con Lucca non è solo tipica del giovane Diodati, dato che continua ad identificarsi in questo modo anche nella sua versione italiana della Bibbia del 1640/41, prodotta verso la fine della sua vita. Nonostante quindi la sua associazione con Ginevra, Diodati si era sempre considerato italiano, e la prova migliore risiede proprio nel fatto che la sua traduzione italiana delle Scritture si è comprovata così utile che ancora oggi essa continua ad essere pubblicata, sebbene in forma modificata, più di trecento anni dopo la sua prima apparizione., ma non solo questo, fin dalla sua giovinezza egli aveva ardentemente desiderato che la causa dell'Evangelo trionfasse in Italia, e che gli italiani si ribellassero alla tirannia del papato.
4. Diodati linguista
La carriera del Diodati è stata quella di un pastore riformato al servizio accademico della Chiesa di Ginevra. Diodati forse, era più un linguista che un teologo. Per lui era di grande interesse che le Scritture dovessero essere disponibili a tutti in forma leggibile e con semplici annotazioni. A questo fine Diodati dedica tutti i suoi doni accademici per la più gran parte della sua vita. Intraprende quindi a tradurre l'Antico e il Nuovo Testamento dagli originali ebraico e greco; e nel 1607 ne pubblica la prima edizione, corredata di note; poi nel 1641 la seconda, riveduta, annotata più ampiamente dell'altra, con l'aggiunta di una versione metrica dei Salmi
Inevitabilmente questa sua preoccupazione di rendere accessibile a tutti la Parola di Dio doveva rendersi evidente nel suo incarico accademico di docente d'ebraico nell'Accademia ginevrina. Prima del suo incarico, la cattedra d'ebraico era stata una creazione degli umanisti, dedicata allo studio della lingua, puramente a livello linguistico. Con Diodati, questa impostazione doveva cambiare, portandovi una marcata accentuazione teologica.
5. Diodati e l'Italia
Il principale coinvolgimento del Diodati negli affari italiani comincio quando era ancora giovane, nel tempo in cui aveva appena completato la sua prima versione annotata della Bibbia in italiano. Suo primo e più grande desiderio era che la Riforma protestante potesse trionfare e diffondersi in Italia, e vedere la tirannia papale sempre più rifiutata dagli italiani.
Per questo trovò dapprima nella Repubblica veneta un terreno favorevole all'affermazione della Riforma.
Ecco così che fa ben presto parte del gruppo di "cospiratori" a Venezia, che aveva coinvolto fra Paolo Sarpi, il teologo ufficiale della repubblica veneta, due ambasciatori inglesi, sir Henry Wotton e Sir Dudley Carleton; George Bedell e il leader ugonotto francese Philippe du Plessis-Mornay.
Diodati opera in questo gruppo con l'obiettivo di indebolire il potere papale a Venezia e visita questa repubblica due volte, nel 1605 e nel 1608, nascosto sotto lo pseudonimo di Giovanni Coreglia.
Il primo giugno 1605 egli scrisse ad un suo amico: "Gli affari vanno di bene in meglio, il numero degli evangelici cresce grandemente. Desidero ardentemente lavorare in quei luoghi, e rapidamente. Mi sono deciso a intraprendere questa vocazione santa e desiderabile... Il papa ha le sue astute spie, e lo si può vedere dalla sorte che hanno avuto le bibbie che ho mandato".
Egli scrisse una cronaca della seconda, la quale fu pubblicata da E. de Budé nel 1863 come "Briève relation de mon voyage a Venise en septembre 1608".
Nel novembre 1605 Paolo Sarpi in una sua lettera certifica che a Venezia, fra il popolo vi sono fino a 15.000 persone "disposte a rinunciare alla Chiesa di Roma", e annota: "Vi sono alcuni che da padre in figlio preservano la conoscenza del vero Dio, o perché sono discendenti dei riformati grigionesi, nostri vicini, o perché sono i superstiti degli antichi Valdesi, che avevano lasciato seguaci in Italia".
La cospirazione contro il potere papale che, su piano politico poteva solo essere promossa e difesa dalla conversione di nobili e influenti autorità, venne ben presto repressa, gli ecclesiastici compromessi con la Riforma esiliati, i nobili impauriti facevano marcia indietro, mentre al popolo non restava che sottomettersi alle autorità cattoliche, o conservare in segreto la fede riformata.
Il fallimento dei progetti dei riformati a Venezia prese avvio quando una delle lettere del Diodati cadde nelle mani del gesuita francese Pierre Coton, che a quel tempo era confessore del Re di Francia e che più tardi attaccò la traduzione francese della Bibbia ginevrina.
Non dobbiamo però pensare ad un Diodati abile politico, che intendesse far trionfare la Riforma con trame politiche. Diodati era un genuino evangelista e numerose volte aveva affermato che solo lo Spirito Santo avrebbe potuto far trionfare la causa della Riforma.
In una sua lettera a Duplessis-Mournay egli scrive: "Io voglio stare molto attento a non porre il minimo ostacolo alla libera azione dello Spirito Santo, sia per mia incapacità, che per paura di pericoli. Io sono convinto che Dio, che oltre le mie stesse speranze ed in modi a me sconosciuti, mi ha utilizzato nell'opera delle Sue Scritture, in questo stesso tempo e con grande successo, come mi assicura il giudizio di molti uomini d'esperienza e voi fra di essi. Sarà Lui a darmi, se necessario, parole di potenza e di sapienza, per il Suo servizio in questi luoghi per l'avanzamento del Suo regno, e la distruzione della grande Babilonia".
Vi sono due riferimenti al Diodati nella corrispondenza pubblicata del Sarpi, in "Paolo Sarpi - Lettere ai Gallicani" di Boris Ulianich, e "Fra Paolo Sarpi - Lettere ai Protestanti, di Manlio Dirilo. Il coinvolgimento del Diodati con il Sarpi, lo spinse a tradurre in francese la sua Storia del Concilio di Trento, un'opera che ebbe più successo di ogni altra opera del Diodati, con l'eccezione della Bibbia italiana del 1640/41.
6. Diodati al Sinodo di Dordrecht
Diodati venne inviato, con Teodoro Tronchin, a rappresentare la città e la chiesa riformata di Ginevra al Sinodo riformato di Dordrecht del 1618/19.
I princìpi dottrinali della teologia riformata classica (Calvinismo) erano stati messi in questione all'interno dello stesso mondo riformato, da professori d'università che ne avevano alterato la consistenza rivedendo tutto il sistema calvinista sulla base di principi estranei. E era stato così introdotto all'interno del mondo riformato un serio elemento di disgregazione che ne avrebbe messo in pericolo l'unità se non vi fosse messo al più presto rimedio convocando uno speciale Sinodo generale del mondo riformato. In esso sarebbero state messe a confronto le due posizioni mentre sarebbe stata ribadita l'ortodossia calvinista contro queste nuove sfide. L'importanza della cosa non era sfuggita alla Chiesa di Ginevra, che pure era stata invitata a prendervi parte attiva.
Il Sinodo, tenuto appunto negli anni 1618-19 nella città omonima olandese, produsse i famosi "Canoni di Dort", uno degli standard dottrinali delle posizioni riformate classiche (Calvinismo). Esso affermava la posizione calvinista ortodossa sulla predestinazione e sui problemi annessi, e venne diretto contro i Rimostranti (o Arminiani), che avrebbero voluto un'affermazione che lasciasse maggiore spazio alla libera volontà umana. Arminio era morto nel 1609; nel 1610 i suoi seguaci avevano prodotto una Rimostranza contro l'insistenza degli ortodossi sulla predestinazione individuale; nel 1611 una Contro-rimostranza ribadiva la posizione ortodossa, ed era così esplosa una forte polemica. Oltre alla predestinazione sarebbero stati trattati altri temi: i Rimostranti volevano una chiesa tollerante, sotto la supervisione dello stato, mentre i contro-rimostranti lottavano per l'indipendenza della chiesa. La questione ebbe riflessi anche sulla politica del tempo. Convocato dagli Stati Generali, il Sinodo comprendeva delegati eletti dalle diverse provincie dei Paesi Bassi. Oltre ai suoi membri olandesi, pastori e laici, avrebbe compreso delegati stranieri provenienti dalle chiese riformate dell'Inghilterra, della Scozia, del Palatinato, di Brema, dell'Assia, dei cantoni svizzeri e di Ginevra, rappresentata appunto da Giovanni Diodati. Vennero invitati anche i riformati francesi, ma Luigi XIII impedì loro di partecipare. Gli Stati-Generali scelsero cinque professori di teologia e 18 commissionieri per dare pure consiglio. I delegati regolari erano 56. Il Sinodo prese la posizione convenuta di giudicare se i Rimostranti concordassero con la posizione delle Confessioni di Fede riformate e citarono gli esponenti arminiani ad intervenire. Nonostante le proteste dei rimostranti se il tema fosse o no la revisione delle Confessioni di Fede, il Sinodo proseguì i suoi lavori. Il rimostrante Episcopius denunciò il sinodo come non-qualificato e non rappresentativo, e rifiutò di cooperare.
Giudicando i rimostranti dai loro scritti, il Sinodo ne concluse che non erano ortodossi perché annullavano l'elezione della grazia e rendevano l'uomo arbitro della propria salvezza.
Vennero formulati dei Canoni per riassumere la posizione ortodossa contro i Rimostranti, ed affermò la depravazione totale dell'uomo (cioè l'uomo, dopo la Caduta, non può scegliere di servire Dio), l'elezione incondizionata (la scelta che Dio fa degli eletti non è condizionata da azione alcuna che essi compiano), la redenzione limitata (Cristo è morto solo per gli eletti, dato che coloro per i quali morì vengono salvati), la grazia irresistibile(la grazia divina non può essere respinta dagli eletti), e la perseveranza dei santi (una volta eletto, eletto per sempre). I Canoni vennero adottati ufficialmente dalla Chiesa riformata olandese. Ai Rimostranti venne negato il pulpito e i loro leader espulsi dal paese.
Durante il Sinodo Diodati cadde malato e sappiamo che egli non fu in grado, di conseguenza, a partecipare a tutte le sessioni. Questa malattia, però, non impedì al Diodati di prendere parte attiva ai lavori del Sinodo. Egli rivolse la sua parola personalmente al Sinodo sull'argomento della Perseveranza dei santi colpendo favorevolmente l'uditorio, perché il delegato scozzese Balcanqual scrisse che il Diodati era intervenuto con la stessa dolcezza con la quale predicava, non come i dottori usavano fare nelle scuole. Questo discorso venne pure accolto bene dallo storico arminiano olandese G. Brandt, che generalmente non aveva preso in simpatia il Diodati. In questa circostanza il Brandt aveva lodato la moderazione del Diodati. Diodati aveva pure consigliato il Sinodo al riguardo delle traduzioni bibliche, ma sfortunatamente ogni traccia di quanto aveva di fatto detto sembra essere andata perduta. Diodati discusse pure la questione della censura sulla stampa, forte della sua esperienza a Venezia, sostenendo la tesi che troppa severità sarebbe stata altrettanto dannosa che pochi controlli.
I delegati di Ginevra al Sinodo di Dordrecht presero dunque una parte attiva alle discussioni teologiche di quella assemblea. Diodati venne eletto dal comitato che doveva produrre i Canoni di Dordrecht, a redigere l'affermazione finale del Sinodo sulla dottrina della salvezza. I ginevrini pure scrissero un loro proprio resoconto sulle questioni in considerazione. In generale Giovanni Diodati e Teodoro Tronchin esprimevano opinioni che erano generalmente simili a quelle degli altri delegati riformati al Sinodo. Al riguardo del secondo articolo però: Morte di Gesù Cristo e redenzione degli uomini mediante essa, i ginevrini presentarono un'interpretazione in qualche modo diversa da quella delle altre delegazioni. In questo caso i ginevrini si erano rifiutati di essere legati al concetto anselmiano della teoria della redenzione che era tipica delle altre delegazioni. I contributi di Ginevra vennero stampati negli Acta del Sinodo di Dordrecht.
7. Diodati predicatore
Al Sinodo di Dordrecht Diodati non aveva limitato i suoi interventi teologici alle sessioni del Sinodo, ma aveva pure predicato altrove in Olanda in diverse occasioni. Al suo ritorno a Ginevra, il suo collega Tronchin aveva informato il Consiglio di Ginevra che: "Pendant notte sejour, outre le devoir qu'avons taché de rendre au Synode, Monsieur Diodati et moy avons presché fort souvent a Dordrecht, Rotterdam, Delft, La Haye, Amsterdam, et en autres lieux, non sans fruit par la benediction de Dieu".
Questi tentativi avevano riscontrato vario successo. I suoi uditori erano rimasti stupiti dalla chiarezza e dalla scorrevolezza con cui annunciava le verità evangeliche, e tutti se ne sentivano toccati nel cuore.
Sir Dudley Carleton, allora ambasciatore inglese all'Aia, scrisse di come Diodati aveva predicato di fronte alla corte di Maurice di Nassau a Natale del 1618: "Diodati, ministro a Ginevra, era stato all'Aia durante i recessi del Sinodo, ed aveva predicato alla cappella di corte sia ieri che oggi, alla presenza del principe d'Orange e del conte Guglielmo, la principessa ed il conte Enrico, ed un grande concorso di uomini e di donne d'entrambe le fazioni, il che è presagio di un possibile accordo". Ciononostante, non tutti i sermoni del Diodati erano stati bene accolti. Secondo il suo desiderio di promuovere il Protestantesimo italiano, a Dordrecht aveva deciso di condurre i culti riformati in italiano, quanti però l'avrebbero compreso?
E' necessario mettere in evidenza l'importanza della predicazione del Diodati, specialmente in italiano, perché nessuno dei suoi sermoni è sopravvissuto, sia come manoscritto che in forma pubblicata. Non è nemmeno isolabile alcuno suo scritto completo per conoscere il suo pensiero specifico. Esso può essere dedotto in generale dai Canoni di Dort, che egli ha contribuito a stilare, e negli atti concernenti il procedere delle discussioni al Sinodo. L'unica fonte importante sono i commenti al testo della sua Bibbia del 1640/41.
8. Diodati diplomatico
Diodati pure esercitò attività diplomatica al servizio dello Stato di Ginevra durante il suo soggiorno a Dordrecht. Con Tronchin, egli aveva avuto istruzioni di entrare in negoziato con il governo olandese, col proposito di tentare di convincere gli olandesi a cancellare un considerevole debito finanziario che Ginevra aveva contratto con il governo dei Paesi Bassi. Diodati in questo ebbe successo, perché durante l'aprile 1689, una lettera del Diodati dall'Olanda venne letta al Consiglio di Ginevra. Egli aveva scritto che: "il a sondé quelques uns de Mrs. les Estats les plus confidents touschandt les obligations qu'il a recogneu lor intention de ne nous jamais rien demander".
I viaggi dei Diodati vennero poi molto limitati a causa delle sue cattive condizioni di salute. In due occasioni egli aveva avuto la funzione d'agente ginevrino in Francia (nel 1611 e nel 1617). Nel 1611 egli era stato inviato per assicurare gli aiuti di Ginevra fra elementi ugonotti.
9. Diodati: rinomato in tutt'Europa
Diodati era una figura relativamente ben conosciuta nell'Europa di quel tempo. La sua corrispondenza rivela contatti con molte figure interessanti in diversi paesi, come il leader ugonotto Philippe Du Plessis-Mournay, il teologo espatriato scozzese John Cameron, il diplomatico inglese Sir Dudley Carleton, il principe di Orange, Cyril Lucaris, Patriarca di Costantinopoli, il famoso ecumenista John Dury, il teologo francese André Rivet, come pure molte lettere associate al nome di J.J.Breitinger, il leader della Chiesa Riformata di Zurigo, che manteneva una vasta corrispondenza con teologi ed uomini d'affari in tutta Europa. La statura del Diodati è stata già rivelata per la sua associazione con Paolo Sarpi, che conosceva personalmente. Diodati tradusse pure l'opera di Edwin Sandys Europae Speculum. Diodati era quindi pure molto interessato ai dibattiti culturali del tempo. La sua reputazione era considerevole in Inghilterra, dove l'uso del suo nome si comprovò utile ai propagandisti realisti al tempo della guerra civile.
10. Gli ultimi suoi anni
Diodati rimane al fedele servizio della Chiesa riformata di Ginevra per tutta la sua vita ma nella lotta del Diodati per pubblicare la sua versione francese della Bibbia, i suoi ultimi anni vennero disturbati da una serie di dispute all'interno della Chiesa ginevrina, e soprattutto di natura personale. La vita del Diodati è lungi dall'essere uniformemente felice.
La salute, che aveva sempre avuta sana e robusta, cominciò a venirgli meno; una malattia di fegato, che gli procura molte sofferenze, lo tormenta fino alla sua morte. La sorte dei figli lo turba molto.
Dopo una brillante carriera durante la sua giovinezza, negli ultimi vent'anni della sua vita egli soffre di un declino di popolarità nella Chiesa di Ginevra, e diventa uomo isolato e spesso amareggiato.
Il coraggio, pertinacia e rabbia del Diodati si rivela nella parte da lui avuta nella condanna di N. Anthoine, un unitario, punito con la pena capitale per giudaismo durante la metà del 17° secolo, e per la sua denuncia dei regicidi inglesi dal pulpito della cattedrale di Ginevra. Una fra le ragioni del cambiamento nelle circostanze della vita del Diodati era l'effetto della sua salute malferma, ma la ragione principale sembra però essere certamente stata l'effetto psicologico della lotta protratta del Diodati per pubblicare una Bibbia francese. Questo lungo ed infelice episodio doveva assorbire molte delle energie del Diodati, e sembra certo che questa faccenda gli abbiano impedito di completare e pubblicare la sua proposta traduzione latina delle Scritture.
Giovanni Diodati muore il 13 ottobre del 1649, a 73 anni d'età, lasciando un caro ricordo di sé in quella gloriosa Accademia nella quale per tanti e tanti anni aveva insegnato con vasta dottrina e con profonda pietà. Di lui si dice che "era affabile e socievole con gli amici, marito esemplare e cittadino integerrimo, di carattere adamantino, meritò il nome di 'Catone di Ginevra'. La sua pietà era sincera e profonda; la sua carità ampia ed inesauribile". Le sue spoglie vennero tumulate nella cattedrale di Saint Pierre, dove gli fu eretto un monumento a spese della Repubblica.
11. Le sue opere maggiori
Questi incidenti non pregiudicano i successi avuti dal Diodati come traduttore della Bibbia in italiano. La traduzione del Diodati condivide la fama ottenuta dalla versione autorizzata inglese del Re Giacomo (King James), come traduzione del 17° secolo ancora in uso nel 20° secolo. Egli è riuscito a creare lo standard per la Bibbia del Protestantesimo italiano.
L'unica altra parte delle sue opere che gli siano sopravvissute è la traduzione francese da lui compiuta della storia del Concilio di Trento prodotta dal Sarpi, ripubblicata molte altre volte dopo la prima edizione del 1649.
La traduzione italiana della Bibbia di Giovanni Diodati è rimasta come memoriale perenne del suo traduttore. E' sopravvissuta a due livelli. Ha dapprima ritenuto rispetto accademico per le capacità linguistiche del Diodati. Sebbene con diverse correzioni, essa ha conservato il suo posto di traduzione responsabile ed accurata, fatto questo che ha condotto alla sua accettazione da parte delle maggiori Chiese protestanti, e la sua diffusione da parte delle Società Bibliche. Questa propagazione della Bibbia del Diodati è stata talora accompagnata da un certo numero di critiche da diverse fonti, soprattutto cattoliche, ma questo non ha impedito la Bibbia dal conservare la sua posizione come la versione più influente delle Scritture in italiano. In secondo luogo la traduzione della Bibbia italiana da parte del Diodati è rimasta accettabile sia dal punto di vista letterario come accademico. In un senso, la Bibbia italiana del Diodati è stata un'impresa ancora più notevole della Versione Autorizzata inglese, perché quest'ultima era il risultato del lavoro di un gruppo di studiosi, mentre Diodati aveva lavorato da solo, con eccezione forse dell'assistenza di Benedetto Turrettini, e per aver prodotto una versione annotata completa della Bibbia nel 1607 quando aveva solo 31 anni. Le sue annotazioni rivelano un accento pietista e non dogmatico che era almeno cinquant'anni in anticipo con i maggiori sviluppi intellettuali delle Chiese riformate. Sebbene egli non avesse potuto vivere in Italia, il teologo "di nation lucchese" non avrebbe potuto dare migliore contributo di questo al Protestantesimo italiano ed alla letteratura italiana.
Ecco un elenco dettagliato dei suoi scritti:
1) La Bibbia italiana. Edizioni principali: 1. Edizione del 1607, con apocrifi, introduzione ai libri ed ai capitoli, ed una combinazione di note marginali ed a pie' di pagina. 2. Edizione del 1641, "migliorata ed accresciuta", con l'aggiunta dei salmi in rima. Contiene apocrifi, introduzione ad ogni libro e capitolo, riferimenti incrociati a margine, copiose note a pie' di pagine più vaste del testo stesso, diverse dalle note dell'edizione precedente;
2) La Bibbia francese del 1643;
3) Traduzione delle annotazioni alla Bibbia in diverse lingue;
4) La traduzione francese dell'opera del Sarpi, 1621.
5) La traduzione francese dell'opera di Sandys, 1626.
6) Lettera all'Assemblea di Westminster, 1646.
7) Lettera a Lady Westmoreland, 1648.
A questo vanno aggiunte, dal 1619 al 1632 una ventina di Dissertazioni latine sopra argomenti teologici, e una grande quantità di sermoni e discorsi occasionali, che però non ci sono pervenuti.
12. La traduzione italiana della Bibbia
Precedenti. Gli emigrati italiani che avevano abbracciato la Riforma e che si erano rifugiati a Ginevra, facevano fino allora uso del Nuovo Testamento tradotto nel 1551 dal testo greco dal fiorentino Massimo Teofilo, studioso riformato, del quale non si hanno notizie precise, e di Edoardo Reuss, ex frate benedettino. Per la Bibbia intera si faceva uso della versione, molto apprezzata dal Diodati stesso, di Antonio Brucioli, riveduta dal lucchese Filippo Rustici (1552), anche lui esule a Ginevra.
La prima edizione completa, in quarto, della Bibbia in lingua italiana con annotazioni venne pubblicata nel 1607 come "La Bibbia, cioè i libri del vecchio e del nuovo testamento, nuovamente traslati in lingua italiana, da Giovanni Diodati, di nation lucchese" e un Nuovo Testamento, senza annotazioni, apparve nel 1608. Traduce dalle lingue originali, tenendo però d'occhio la versione di Massimo Teofilo, perché anch'essa dipendente dalle lingue originali.
Appena apparve, la versione che il Diodati aveva pubblicata a proprie spese gli era costata 14 anni di ardua cura, ed ebbe subito gli elogi degli uomini più dotti del tempo, e anche chi la giudicò severamente dovette riconoscere che il Diodati aveva fatto un'opera pregevole.
Questi vennero seguiti quasi trent'anni dopo da una seconda edizione migliorata negli anni 1640/41. Quest'opera monumentale ha fornito il protestantesimo italiano della sua versione ufficiale standard della Bibbia. Il merito del Diodati fu quello di produrre, lui solo, una delle maggiori bibbie del Protestantesimo europeo, da mettersi sul livello della Bibbia tedesca di Lutero e di quella inglese autorizzata dal re Giacomo.
Caratteristiche. Un aspro critico della sua Bibbia aveva tuttavia affermato: "Il metodo seguito nella versione è più quello di un teologo e predicatore che di dotto critico. Egli ha cercato soprattutto la verità significata, togliendo ciò che per lui era ambigui, quindi egli pone nel testo parole che non compaiono nell'originale, ma che rendono vera significazioner, parole che giustamente vengono stampate in caratteri diversi per mostrare come esse siano state aggiunte per renderlo più intellegibile, ma che non sono di intralcio al senso del testo. Bisogna ciononostante confessare che, in molti luoghi, egli spiega con molta più chiarezza di altri traduttori, ma questo non scusa la grande libertà che a volte si prende nella traduzione".
I caratteri eccellenti che distinguevano la versione del Diodati erano dunque molti, in primo luogo la fedeltà, qualità essenziale per interpretare il testo sacro; in secondo luogo la chiarezza, dovuta all'integrità dei termini usati dal traduttore ed alle parafrasi che, sebbene molto criticate, non sono meno utili per il significato del senso biblico; in terzo luogo il valore teologico delle note e dei commenti che accompagnano la versione, che testimoniano una profonda conoscenza delle lingue antiche ed una completa comprensione delle Scritture; ed infine grande eleganza di stile.
Il più importante aspetto della vita del Diodati venne da lui intrapreso in spirito di umiltà e di riconoscenza verso Dio. Diodati attribuiva ogni bene che poteva trovarsi nella sua opera a Dio solo e frequentemente affermava che il Signore l'aveva aiutato nel suo compito. In questo Diodati si poneva nella tradizione di Melantone nel fare uno stretto legame fra la guida di Dio e l'impegno umano nella materia delle traduzioni bibliche. Questo viene bene illustrato dalla lettera di Giovanni Diodati a J. A. De Thou, scritta durante il 1607:
...mi sono proposto con tutte le mie forze e nella più grande coscienza... di aprire la porta ai nostri italiani alla conoscenza della verità celeste. Nostro Signore, che mi ha miracolosamente guidato e fortificato in quest'opera, la fortifichi con la Sua benedizione, alla quale solo addebito la perfezione della mia opera, e dalla quale solo io confido della sua gloria, a salute di coloro che Gli appartengono, il che è e sarà sempre l'unico obiettivo a cui dirigerò tutti i miei sforzi.
Stimolo immediato dell'opera del Diodati fu la situazione a Venezia durante la prima parte del 17° secolo, quando v'erano state grandi speranze fra i protestanti d'Europa che la repubblica si potesse convertire alla fede riformata. C'era grande necessità di libri protestanti fra l'aristocrazia veneta e Diodati stesso scrisse al leader ugonotto du Plessis Mornay nel 1609 che: "Un numero infinito di libri vi sono entrati a fiotti tutti i giorni, e sono avidamente raccolti tanto che se li strappano l'un l'altro con le mani e con le unghie".- Diodati tradusse la Bibbia in italiano per venire incontro a questo bisogno e, per ragioni simili tradusse le opere di Fra Paolo Sarpi e di Sir Edwin Sandys in francese. La bibbia del Diodati venne distribuita dall'ambasciatore inglese a Venezia, Sir Henry Wotton, e volle pure che fosse prodotto un Nuovo Testamento in formato più ridotto per renderne più facile la diffusione. Wotton venne criticato dai livelli più alti per avere distribuito la Bibbia del Diodati, ed egli stesso scrisse al conte di Salisbury durante il 1609: "Il Papa ha rinnovato personalmente il suo rimprovero, al nuovo vescovo residente di Venezia, circa la Bibbia che io ho introdotto nei suoi stati".
Accoglienza in Italia. Diodati stesso era particolarmente sensibile a come la sua Bibbia venisse accolta in Italia. Nel 1635 egli riassicurava la Compagnia dei Pastori di Ginevra che: "essa ha avuto una grande approvazione da diversi eminenti personaggi ed in modo particolare da Mons. Scaligero". Nella sua lettera al Sinodo di Alençon nel maggio 1637, egli disse che: "Vi dirò dunque, che la divina Provvidenza che, avendomi spinto nei miei primi anni di professione teologica, si, e quasi dalla mia gioventù fino ad oggi, di tradurre e commentare la Bibbia italiana, ho avuto un così grande successo... e i personaggi più eminenti del nostro tempo, hanno tutte raccomandato il mio povero lavoro, e lo dico non senza arrossire: è la verità che io pubblico unicamente per la gloria di Dio" .
Ancora una volta Diodati riafferma la sua fede nell'aiuto divino e la sua convinzione di aver compiuto questo lavoro unicamente per la gloria di Dio. Diodati assicurava il Consiglio di Ginevra che la sua Bibbia italiana "è stata ben ricevuta dappertutto". L'introduzione alla pubblicazione in traduzione inglese delle note della Bibbia del Diodati lo conferma.
Nel 1644 Diodati scrive di nuovo alla chiesa riformata francese che la sua Bibbia italiana del 1640/41, prodotta con grande lavoro e sforzo da parte sua, era molto simile alla versione francese del 1644, alla quale egli stava lavorando da molti anni. La versione italiana, egli scrisse, aveva ricevuto "un'approvazione universale, persino tra gli ebrei, i cardinali gesuiti più celebri, altri principali ministri della chiesa romana e di tutti gli altri senza eccezione.
Le reazioni cattoliche, a parte dall'ira del Papa alla distribuzione da parte del Wotton (1607/8) sembra essere stata abbastanza favorevole. L. E. Pan della Sorbona, nella storia del Canone, si riferisce ad essa con animosità: "All'inizio circa del nostro secolo, John Diodati, ministro a Ginevra, ci diede una nuova traduzione italiana dell'intera Bibbia, molto simile all'edizione francese di Ginevra". Il padre Simon trovò sia del bene che del male da dire sull'opera del Diodati, ma era lungi dall'esservi completamente sfavorevole: "Vorrei che coloro che avessero l'interesse di leggere la traduzione italiana della Bibbia del Adeodates, che è più elegante di quella francese, e consiglio di leggere anche solo i riassunti dei capitoli per ottenere un veloce compendio della Bibbia. Accusava però Diodati di fare una parafrasi della Bibbia, solleticando "la fantasia dei suoi fratelli settari". Ecco alcune altre reazioni:
"Il lucchese Giovanni Diodati quanto alla nettezza dell'esposizione meritò sempre elogi sommi; ed io, nel registrare un volgarizzamento riprovevole, siccome opera di un seguace delle ginevrine dottrine, lo ricordo siccome ricco di que' modi di dire di grave e casta semplicità, che provengono alle schiette parole della divina Scrittura" Bartolomeo Gamba (1776-1841).
"La lingua della versione e delle note del Diodati è classica, beché alcune forme non siano del tutto eleganti... Non devo tacere che i clericali scagliarono calunnie e maldicenze contro il Diodati, stimando lecita la frode e la menzogna per metterlo in cattiva vista, e per tal modo distornare altrui dal leggerlo; quasiché la bontà del fine giustifichi l'iniquità dei mezzi... In luogo di calunniare il Diodati per rimuoverlo dalle mani dei cattolici, tornerebbe per avventura meglio purgare questa Bibbia del calvinistico veleno di cui è infetta, e questa edizione corretta e migliorata per promuovere, proteggere e a quella del Martini sostituire" Monsignor Pietro Emilio Tiboni (1853).
Un'accusa? Un'altra accusa rivolta al Diodati, non gli avrebbe certo fatto dispiacere, dato che accusava il Diodati di rendere il testo semplice per coloro che avevano scarsa cultura: "Questo gentiluomo, agendo di sua propria iniziativa, non considera tanto il senso proprio delle parole, così anche il popolano lo potrebbe comprendere. Non è nemmeno un critico, o un oratore, o un teologo: il suo unico obiettivo è quello di compiacere il volgo, e fare leva sulle sue passioni. Le sue note in genere sono abbastanza plausibili, e servono all'interpretazione di diversi testi della Scrittura".
Le poche edizioni del 18° secolo della versione Diodati della Bibbia rivelano l'importanza continuata della sua traduzione. Essa conta così diversi tentativi di revisione stilistica, come ad es. quella di Giovanni David Muller. Muller, nella sua introduzione all'edizione del 1744 pubblicata a Lipsia si riferisce ad essa così: "Traduzione del celebre Giovanni Diodati, la quale, e per l'accuratezza del testo e per la bellezza dello stile, fu sempre approvata ed applaudita da tutti i letterati". Darlow e Moule, nel loro catalogo di Bibbie stampate, rilevano come l'edizione del 1712 a Norimberga, venne modificata da Mattia d'Erberg. L'edizione del Nuovo Testamento dedicata al Duca di Sassonia è pure una trevisione basata sulla versione del Diodati. Così gli studiosi e gli editori del 18. secolo erano pronti ad accogliere la versione Diodati come lo standard, ma con la modernizzazione del suo linguaggio che già era divenuto desiderabile nella sua seconda edizione del 1640/41.
La storia della versione Diodati nel 19. secolo è faccenda complicata, perché è stata riprodotta diverse volte. La cosa più importante, però, è che l'opera del Diodati, però, riuscì a sopravvivere secoli dopo la sua morte.
13. Conclusione
A mo' di conclusione vorrei citare per intero le lusinghiere parole scritte da Maria Betts nella sua biografia del Diodati, al termine del suo libro, come riassunto della vita del Diodati.
"A Venezia egli desiderava diffondere fra il popolo la verità dell'Evangelo e la parola del Signore. In Francia egli cercava aiuto e soccorso contro il nemico del suo paese, che cercava di far tornare Ginevra sotto il suo giogo d'errore e di ignoranza. In Olanda egli difendeva il Calvinismo conttro la teologia venefica che silenziosamente minava le fondamenta della Chiesa di Cristo. A Ginevra, come cittadino, non lasciava che mai fosse influenzato da considerazioni personali, e come Consigliere e giudice ecclesiastico, non aveva mai sacrificato le sue profonde convinzioni alla pubblica opinione. Non temeva mai di dire la verità dal pulpito, e non temeva quelli che erano in alta posizione, che erano abituati ad essere lodati da leccapiedi. Davanti ai magistrati della Repubblica, non era mai venuto meno di uno iota alle sue convinzioni. Fino agli ultimi istanti della sua vita egli era come una roccia, sotto la quale le acque scorrono senza posa, ma essa rimane immutabile".


John Griffith
Una missione nel cuore
Riassumere in poche righe la vita di un grande missionario, che ha consacrato cinquanta anni della propria esistenza in Cina, affrontato innumerevoli pericoli e sofferto persecuzioni, è un’impresa praticamente impossibile. Ci faremo aiutare da alcune note autobiografiche scritte da Griffith John stesso e toccheremo alcune tappe importanti della sua vita missionaria, così come le troviamo riportate nel libro di circa seicento pagine scritto da R. Wardlaw Thompson, Segretario Generale della Società Missionaria di Londra, nel 1906.
“Sono nato a Swansea, nel Galles, il 14 dicembre del 1831. Mio padre era capomastro, un uomo buono e robusto. Combinava queste sue qualità per tradurle in tenacia perché non si spaventava del lavoro da compiere e lo portava sempre a termine facendolo bene.
Mia madre morì di colera nel 1832 quando avevo otto mesi. La perdita di mia madre in quella tenera età fu la privazione più grande della mia vita. Mia zia, sorella di mio padre, si prese cura di me in modo amorevole e straordinario. Fu lei, infatti, a portarmi ai piedi di Cristo: la sua devozione, la sua costanza nel frequentare la comunità locale, la sua partecipazione alle riunioni di preghiera… furono tutti elementi determinanti per la mia esperienza di salvezza. Sapevo di essere un peccatore e sapevo pure che c’era un Salvatore. Mia zia era membro di un gruppo di preghiera della Ebenezer Chapel e fu lì che innalzai la mia prima preghiera a Dio e da lì iniziai a fare i miei primi passi nella fede, crescendo nella conoscenza di Dio e nell’esperienza cristiana. Proprio durante quel periodo si trasferì a Swansea, William Rees, un uomo dabbene e ferrato nelle Scritture, divenne subito il mio “eroe” e rivestì alcuni incarichi nella Ebenezer Chapel. Divenne insegnante della Scuola Domenicale ed io ebbi il grande privilegio di diventare uno dei suoi alunni: fui sempre sinceramente grato a Dio per questo, perché i suoi insegnamenti nella Scuola Domenicale hanno indelebilmente segnato la mia vita. Ho passato tre indimenticabili anni della mia vita nella sua classe e durante quel periodo ho ‘imparato ha pensare’, a riflettere, a ponderare le cose; come sua abitudine il Sig. Rees ci incoraggiava ad imparare a memoria porzioni della Scrittura e, alla fine dei tre anni nella sua classe di Scuola Domenicale, avevo imparato a memoria un considerevole numero di Salmi, buona parte del Libro dei Proverbi e dell’Ecclesiaste nonché una bella porzione del Nuovo Testamento. Mio cugino era più bravo di me in questo e spesso venivamo chiamati dal nostro Pastore, durante i culti serali stracolmi di persone, a recitare un Salmo o a dire a memoria il brano bilico del sermone davanti a tutti. Questo, indubbiamente, mi faceva tenere sempre in esercizio e la Parola di Dio ormai permeava la mia vita.
Poco tempo dopo (avevo dodici anni) il fratello Rees mi trovò un lavoro nella cittadina di Onllwyn composta in larghissima parte di minatori; facevo da garzone nell’emporio del Sig. Williams, un uomo pio, più interessato alla salute spirituale dei minatori che ai suoi affari. Ero ospite a casa sua e mi considerava più un figlio che un dipendente.
Fu proprio a Onllwyn che feci il mio primo sermone (avevo quattordici anni), mi ricordo benissimo di quella sera, in una casa privata, durante una riunione di preghiera.
Fui terrorizzato, realizzai subito la mia insufficienza a tale compito e decisi di aspettare ancora qualche anno: prima dovevo crescere, imparare e studiare di più la Parola di Dio. Ma, all’età di sedici anni, fui chiamato di nuovo ad annunciare l’Evangelo ed il mio primo ‘vero sermone’ predicato sempre a Onllwyn fu ‘Non mi vergogno dell’Evangelo’ (Rom. 1:16).
Quella fu la prima di tante altre occasioni che mi portarono a viaggiare in tutto il Galles del sud dove mi conoscevano come ‘il predicatore ragazzo’.
Nel 1848 anche mio padre morì di colera: quello fu un altro brutto colpo, dipendevo totalmente da lui, mi sentii tremendamente solo ed invocai il Signore nella mia distretta ed Egli udì la voce del mio grido. I miei cari zii avevano già provveduto un posto per accogliermi ed il Pastore Jacob della Ebenezer Chapel avrebbe provveduto per i miei studi al College.
Fu proprio al Brecon College di Bedford che sorse in me un profondo ed inestinguibile desiderio di servire il Signore nelle missioni in Cina, la chiamata del Signore era inequivocabile! …”.
Griffith John lasciò Bedford il 26 marzo del 1855, si sposò con Margaret Jane Griffiths – figlia di un missionario in Madagascar – il 13 aprile e partì per la Cina il 21 maggio. Fino al 1861 visse vicino a Shanghai poi si spostò – dopo aver evangelizzato Ping-hu, Sung-Kiang ed essersi imbattuti in moti di insurrezione popolare – ad Hankow dove stabilì una sede Missionaria nella parte centrale della Cina; da lì fece numerosi viaggi missionari nelle provincie circostanti dove fondò numerose altre missioni.
Nei suoi cinquant’anni di lavoro ha compiuto innumerevoli viaggi missionari, fondato opere di colportaggio, affrontato pericoli di ogni genere, scampato da morte violenta, costruito nuove chiese, stampato un gran numero di trattati evangelistici, tradotto il Nuovo Testamento e porzioni dell’Antico in Mandarino parlato e in dialetto Wen-li.
Griffith John celebrò il suo cinquantesimo anno di impegno missionario il 24 settembre del 1905, la sua vista non si era indebolita e le sue forze non erano scemate.
Nel suo ultimo discorso Griffith John riservò particolare enfasi all’opera d’insegnamento tra i fanciulli che, come lui bambino, furono indelebilmente segnati dalla Parola di Dio.


Smith Wigglesworth (1859-1947) Apostolo della Fede




Il ministero di Wigglesworth è senza dubbio uno dei più importanti dello scorso secolo ed ancora oggi sopravvive con risultati eterni. Molti che lo conoscevano lo hanno descritto come un uomo pieno di autorità e di compassione; un uomo di fede con una vita di obbedienza alla Parola di Dio.
Le Origini
Smith Wigglesworth nacque il 10 giugno 1859 in Menston, Yorkshire, Inghilterra. Egli era estremamente povero e non ricevette alcuna istruzione. Infatti, non riusciva a scrivere il suo nome, ma solo a firmare, anche da adulto. All'età di sei anni cominciò a lavorare in una fattoria, e a sette lavorava con suo padre in campagna. Quando raggiunse l'età di otto anni, si convertì in una riunione di metodisti, che frequentava con sua nonna. Egli si diede subito all'evangelizzazione e portò sua madre al Signore. Il 5 Settembre 1872 fu confermato vescovo metodista sperimentando la presenza di Dio in un modo straordinario nella sua vita. All'età di tredici anni si trasferì a Bradford e a sedici cominciò a lavorare per l'Esercito della Salvezza, dedicando le sue Domeniche alla preghiera e al digiuno. A Bradford Wigglesworth cominciò la sua carriera di idraulico.
Polly Predicatrice
Nel 1877, Wigglesworth conobbe una ragazza chiamata "Polly" e subito comprese che sarebbe diventata sua moglie. Da quel momento in poi la sua fede crebbe al punto che all'età di venti anni conduceva alla salvezza cinquanta anime ogni settimana. Nel 1882 si unì in matrimonio con Mary Jane (Polly). Lei era molto bella, intelligente e dinamica, e Wigglesworth cercò di eguagliare la sua abilità di predicatrice provando a diventare un predicatore a sua volta, ma siccome non riusciva a parlare molto bene, si vergognava e si scoraggiava, lasciando la scena imbarazzato. "Non lo farò mai più", disse a sua moglie, e per quel tempo non ebbe molto successo come predicatore, tuttavia divenne buon padre di 5 figli. Per gli anni che seguirono il suo zelo spirituale si raffreddò, ma a 26 anni si riconsacrò a Dio con un servizio che potremmo definire "ministero per i bambini". Smith prendeva un pony, andava per le strade e vi metteva su dei bambini, li portava in chiesa, li ammaestrava nelle vie del Signore e poi li riaccompagnava a casa.
Fame per la Parola
Wigglesworth era un uomo con una fame insaziabile per la Parola di Dio, ma non sapeva leggere, e per soddisfare questa fame imparò a leggere attraverso un'opera soprannaturale di Dio e molto aiuto da parte di sua moglie. Anche se non leggeva la Parola per più di un quarto d'ora, non lasciava passare un quarto d'ora senza leggerla. Quell'anno egli passò dieci giorni "aspettando il Signore", ricevendo quella che lui definì "nuova vita" da Dio.
Gesù Ti Guarirà
Nel 1880 in Inghilterra si sparse il ministero di guarigione. Per la prima volta Wigglesworth vide le persone guarire per mezzo della potenza di Gesù. Egli era così emozionato che andò per le strade alla ricerca di persone malate, dicendo: "Venite con me! Io conosco un posto dove potete essere guariti!", e le portava in una missione dove si pregava per la guarigione. In seguito cominciò anche lui a pregare per i malati, riscontrando molto successo nella sua vita. Lui stesso fu guarito da emorroidi che l'affliggevano sin dalla sua nascita. Nel 1900 fu anche guarito da un'appendicite infetta che lo stava portando alla morte. Nel 1904 l'uomo più malvagio di Bradford si convertì ad un banchetto di cibi prelibati organizzato per tutti i poveri, i malati, e gli emarginati. Alla fine del banchetto il programma comprendeva un'ora e mezza di testimonianze di persone guarite nella missione. Wigglesworth concluse la riunione secondo il suo stile non-convenzionale, gridando: "Chi vuole essere guarito?" Wigglesworth era un uomo imprevedibile, ma a volte anche Dio era imprevedibile con lui. Il 26 ottobre 1907 egli fu abbattuto al suolo per tre volte dalla potenza di Dio mentre pregava!
Il Battesimo nello Spirito
Molto più di ogni altra manifestazione della potenza di Dio, quella del battesimo nello Spirito Santo fu l'esperienza più straordinaria che Wigglesworth fece nella sua vita. Questa avvenne nella chiesa Anglicana. Subito dopo questa esperienza egli salì sul pulpito e, dopo alcuni momenti di indecisione, sotto l'unzione di Dio che sciolse il suo linguaggio, cominciò a predicare senza impedimenti. Quella sera cinquanta persone furono battezzate con lo Spirito e parlarono in nuove lingue. Cinque anni dopo c'erano ancora rapporti di guarigioni e di liberazioni che seguirono quella riunione.
Franchezza e Autorità nel Ministero
Il ministero di guarigione di Wigglesworth era molto diverso da quello che siamo abituati a vedere oggi. Egli non pregava sempre per i malati nello stesso modo, anzi alle volte era molto rude, provocando delle reazioni contro di lui. Quando le persone si presentavano alla preghiera per la guarigione più di una volta, egli diceva: "Va' a sederti! Ho già pregato per te una volta, e questo basta!"
Morto o Guarito?
Una volta fu portato a lui un malato di cancro che stava per morire, per ricevere preghiera. Il dottore era al suo fianco ascoltando il battito del cuore. Wigglesworth chiese: "Dov'è il cancro?" Il dottore rispose: "Nello stomaco". Wigglesworth allora lo colpì nello stomaco con un pugno davanti a tutti. Il dottore gridò: "Lo hai ucciso! È morto!" Wigglesworth invece diceva senza scomporsi: "È guarito", e continuava a pregare per gli altri. Dieci minuti dopo ecco arrivare quell'uomo, ancora con gli abiti ospedalieri, al fianco di Wigglesworth, con le braccia alzate, lodando Dio. Wigglesworth non si guardava in giro dicendo: "Gloria a Dio, guardate questo!" cercando consensi, ma tutto era così normale per lui, che ringraziava Dio e continuava a pregare. Egli disse una volta: "Io non sono mosso da ciò che vedo, ma da ciò che credo".
Polly Risuscita
La moglie di Smith Wigglesworth morì l'1 gennaio 1913. Egli stava predicando in una riunione, quando gli giunse la notizia. Finita la riunione si recò da lei, sgridò la morte nel nome di Gesù e la fece sedere chiedendole: "Perché te ne vai?... Io ho bisogno di te!". E discorreva con lei. Finalmente Dio interruppe la conversazione dicendogli: "Lei è mia, ha terminato il lavoro, lasciala andare!" Smith adagiò sua moglie sul letto e lei se ne tornò in cielo. Questo comunque non fu l'unico caso di resurrezione nella vita di Wigglesworth. Almeno 14 casi sono stati registrati, ma alcuni dicono che erano di più.
Miracoli, Risvegli, Gloria
Nella casa di un curato della chiesa d'Inghilterra, Wigglesworth fu invitato a cena e, mentre erano seduti a parlare, il soggetto della loro conversazione cadde sulle guarigioni. Il pover'uomo aveva degli arti artificiali al posto delle gambe. Wigglesworth improvvisamente disse all'uomo: "Va' a comprarti un paio di scarpe nuove domani mattina!". Il povero amico pensò che fosse una specie di scherzo. Comunque, dopo che Wigglesworth ed il curato si ritirarono nelle loro rispettive stanze per la notte, Dio parlò al curato dicendo: "Fa' come il mio servo ti ha detto!". L'uomo non poté più dormire quella notte. Si alzò presto, scese giù in città, e aspettò che il negozio di scarpe aprisse. Il curato vi entrò e si sedette. Subito il commesso venne e disse: "Buongiorno, signore! Posso esserle di aiuto?' L'uomo disse: "Sì, vorreste farmi vedere un paio di scarpe?" "Sissignore! Taglia e colore?" L'uomo esitò; il commesso allora vide le sue condizioni e disse: "Mi dispiace, signore! Noi non possiamo aiutarla!". "Va tutto bene, giovanotto! Ma io voglio un paio di scarpe! Taglia 8 e colore nero!". Il commesso andò a prendere le scarpe richieste. Pochi minuti dopo tornò e le porse all'uomo. Egli mise uno dei suoi monconi in una scarpa e subito si formarono un piede ed una gamba! Poi accadde la stessa cosa all'altra gamba! Egli uscì da quel negozio, non solo con un nuovo paio di scarpe, ma anche con un nuovo paio di gambe! Wigglesworth non fu sorpreso. Egli si aspettava questo risultato. Spesso faceva considerazioni come questa: "Per quanto riguarda Dio, non c'è alcuna differenza tra il formare un arto e guarirne uno spezzato". Il punto è questo: Wigglesworth non pregò per quell'uomo; gli disse cosa l'uomo doveva fare, e l'uomo lo fece.
Conclusione


Il ministero di Smith Wigglesworth lo portò fino alle estremità della terra, portando risveglio, guarigione e conversioni a migliaia. Francia, Svizzera, Svezia, India, Nuova Zelanda, Stati Uniti, e Africa videro la gloria di Dio attraverso questo apostolo della fede. Il 12 Marzo 1947, Wigglesworth morì all'età di 88 anni, pieno di salute, proprio mentre si trovava ad un funerale. La vita di Wigglesworth è una sfida. La sua non fu una vita normale. Ma la vita del cristiano non deve essere normale. La vita in Cristo non è una vita naturale, ma è una vita soprannaturale.

• "Io son mille volte più grande all'interno di quanto lo sia all'esterno".
• "Dio dice, io credo, la cosa accade".
• "La fede nella Parola è la radice. I sentimenti sono il frutto".
• "Tutto di me, niente di Dio. Meno di me, più di Dio. Niente di me, tutto di Dio".
• "La paura guarda, la fede salta".















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